La reazione negativa della Borsa al suo Piano Industriale forse Alessandro Profumo non l’aveva messa in conto. Lui che conosce i meccanismi della finanza si era speso con maestria per rassicurare gli investitori, ha acquistato pure azioni per un milione di euro per dimostrare tangibile fiducia nell’efficacia del suo progetto per rilanciare il gruppo dell’aerospazio e difesa, ma il titolo in Borsa per tre giorni ha continuato a perdere quota.
Il piano di Profumo e il modello Leonardo 2.0 in questi giorni hanno ottenuto diffusi giudizi positivi da importanti politici e ministri e anche dai sindacalisti che hanno incontrato a Nerviano il manager. Nel rapporto con i sindacati Profumo ha recuperato il terreno perso da Mauro Moretti, infatti, li ha convocati subito dopo gli investitori e ha esposto loro il nuovo piano industriale di Leonardo, ma anche l’intenzione di aprire un tavolo per un ulteriore ricambio generazionale dei dipendenti del gruppo, che sarebbe per l’azienda e anche per il sindacato una gran brutta rogna da gestire con l’attuale legge Fornero in vigore.
Le dinamiche che s’innestano in Borsa sul titolo di un grande gruppo industriale non sono sempre decifrabili, in particolare quando al centro dei movimenti finanziari ci sono aziende sensibili per l’economia e per l’equilibrio politico e strategico di un paese. La discesa del titolo Leonardo in questi giorni pare che esuli dai contenuti del piano industriale ed è forse determinata da altri meccanismi molto complessi.
In questi stessi giorni si chiude l’accordo italo-francese per la cantieristica con la creazione di un polo mondiale delle navi, sia nel civile sia militare con la partnership Fincantieri-Naval Group. Il governo italiano vorrebbe che Leonardo entrasse a pieno titolo nella partita, e, infatti, all’incontro di Parigi tra i top manager italiani e francesi oltre Giuseppe Bono c’era anche Alessandro Profumo. In gioco ci sono anche i sistemi da installare sulle navi costruite da Italia e Francia che potrebbero essere assegnati alla sola francese Thales. Curioso è che negli stessi giorni Bruxelles apre una procedura d’infrazione verso il nostro Paese per l’acquisto dei mezzi navali per la Marina Militare Italiana prodotti da Fincantieri e Leonardo.
La politica estera inaugurata da Trump e l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa rende ipotizzabile in tempi non più biblici un sistema di Difesa Unica. Finora sembrava uno scenario futuribile perché il governo inglese ne era fiero oppositore, ma dopo la brexit e con l’accordo PeSco di cooperazione militare per la difesa europea, i governi coinvolti hanno fatto primi passi importanti in questa direzione.
Un’opportunità per le imprese del vecchio continente che però pone il tema dell’equilibrio tra i paesi, tra chi sarà leader in questo o quel settore, e chi farà che cosa. La difesa aerea è certamente il punto critico di questo equilibrio anche perché in Europa i paesi dispongono di diversi sistemi di difesa aerea, e alcuni stati, come la Francia, non hanno aderito ai grandi progetti europei e hanno perseguito per decenni una politica di sviluppo di velivoli proprietari.
Leonardo è il gruppo al 10° posto tra gli operatori di mercato internazionali e al 6° in Europa e la sua integrazione nel puzzle del sistema industriale europeo è un tema prioritario per l’Italia e sicuramente di rilievo e estremo interesse anche per altri paesi. Non sono quindi da escludere azioni tese a ottenere, anche con accordi politici tra stati, un progressivo scivolamento del gruppo, non solo della sua componente militare, verso l’orbita di grandi aziende di altri paesi europei.
Profumo è consapevole dello scenario, ha definito centrale il posizionamento del gruppo nei programmi di difesa europei e la scelta delle alleanze internazionali è un obiettivo che va perseguito, avendo prima però rafforzato la struttura patrimoniale e industriale del gruppo per non consegnarsi a un ruolo subalterno. Non si può che convenire con Profumo augurandoci che la nuova classe politica che emergerà dalle prossime consultazioni, nonostante i tempi che corrono, si dimostri all’altezza e consapevole della posta in gioco, non c’è solo la cantieristica strategica per il futuro del Paese e nessun stato civile e moderno rinunzierebbe a posizioni autonome e di rilievo raggiunte dalla sua industria aeronautica civile e militare nazionale.