ATR, cercare strade nuove per rilanciare una partnership europea di grande successo.
L’azienda leader tra i costruttori turboprop regionali nel suo recente Market Outlook prevede che nei prossimi venti anni saranno create oltre 2700 nuove rotte regionali, molte delle quali da nuovi operatori.
I nuovi collegamenti, si legge nelle previsioni dell’azienda di Tolosa, creeranno un aumento del traffico regionale sviluppato dai turboprop di almeno il 4.5% e una domanda di nuovi aerei di circa 3.000 macchine, 630 delle quali sotto i 60 posti.
Queste previsioni sono riferite evidentemente ad ATR e ai turboprop utilizzati oggi nel trasporto regionale, velivoli che da alcuni anni, risentono di un calo significativo della domanda di mercato.
Nel 2018 ATR ha registrato un calo degli ordini e del backlog, la contrazione della domanda è iniziata da alcuni anni, anche se nel 2017, con la vendita di 40 velivoli a IranAir e l’ordine di 50 ATR-72F versione cargo alla Federal Express, si era sperato una inversione di tendenza.
L’uscita di Bombardier dal concorrente Q400, rende ATR, di fatto, l’unico turboelica proposto da un grande gruppo aeronautico nel segmento dei regionali. Si tratta di un vantaggio significativo che rafforza quella posizione di leader che ATR mantiene da molti anni anche se progettato oltre trenta anni fa. Un segmento di mercato, quello dei turboelica regionali, che però non si sposta dai suoi piccoli numeri, nonostante l’enorme crescita del trasporto aereo commerciale, una situazione che trascina un futuro incerto per le numerosi variabili che ne condizionano lo sviluppo.
Interessante sarebbe capire come potrebbe evolvere la domanda di velivoli regionali turboelica dopo le recenti alleanze di Boeing e Airbus con Embraer e Bombardier, e quali potrebbero essere le reazioni del mercato a un’offerta di un regionale ibrido che rappresenterebbe una svolta importante dell’offerta.
Negli ultimi mesi del 2018, ATR e Air New Zealand hanno firmato un accordo per approfondire le tecnologie di propulsione per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. E’ un segnale che il costruttore aeronautico segue con interesse i progressi che negli ultimi anni hanno fatto le tecnologie dei propulsori ibrido-elettrici, un’attenzione che non significa l’avvio di un percorso industriale. Le decisioni di questa portata restano evidentemente sempre ai due soci di ATR, Leonardo e Airbus.
I grandi player dell’aerospazio lavorano da diversi anni a questa innovazione nella propulsione dei velivoli, nel recente convegno di Aeropolis all’Università di Napoli, il prof. John Halpin, noto esperto del settore aeronautico, ha affermato che “sarà la propulsione Ibrida-elettrica a garantire un futuro al velivolo regionale ATR“ ed è “auspicabile attendersi un’evoluzione dei velivoli da trasporto regionale con motore ibrido-elettrico in analogia a quanto successo campo dei compositi”.
Le condizioni che hanno consentito al velivolo franco italiano una quota del 75-80% del mercato regionale sono mutate, sostiene il professore e “l’emergere di due nuovi jet regionali da oltre 100 passeggeri (l’Airbus-Bombardier A220 e il nuovo E-175 E2 di Boeing-Embraer) ha limitato lo spazio competitivo per i turboreattori di vecchia generazione”.
“I due fattori che hanno influenzato la conquista di questa quota di mercato sono stati combustibile/efficienza operativa e la ristrutturazione e il consolidamento delle compagnie aeree commerciali”. Il miglioramento della tecnologia dei motori jet ha prodotto che ” i vantaggi della propulsione turboelica” hanno continuato a restringersi, “fino a quando i maggiori ratei di utilizzo dovuti all’incremento della velocità di salita e di crociera” hanno eliminato qualsiasi vantaggio residuo sui turboprop.
“L’interesse per i velivoli sperimentali ha concluso Halphin, è appropriato e benvenuto”.” E’ interessante ricordare simili attenzioni nel passato per i materiali compositi, iniziato nel 1972 con il programma congiunto NASA – Air Force conosciuto come Long Range Planning Study for Composites (RECAST)”.
Ed è proprio la NASA che ha intrapreso una serie di programmi di ricerca aventi come obiettivi la riduzione di combustibile, emissioni e rumore nei velivoli di futura generazione ed ha proposto nel 2016 un piano decennale d’iniziative denominato New Aviation Horizons (NAH).
Nell’ambito delle attività di ricerca del progetto Pegasus per aeromobili regionali elettrici o ibridi-elettrici ha integrato a fini sperimentali la propulsione di un velivolo ATR 42-500 con batterie elettriche.
L’agenzia governativa americana è convinta che i vantaggi della propulsione elettrica, la riduzione dei costi operativi rispetto ai jet e ai turboprop di oggi, possano consentire una ripresa del trasporto aereo a corto raggio e regionale.
In questo ambito è stato lanciato lo sviluppo del dimostratore X-57 Maxwell, velivolo sperimentale basato sul Tecnam P2006T che dovrebbe iniziare i suoi primi voli a metà del 2019. L’iniziativa è parte del progetto SCEPTOR (Scalable Convergent Electric Propulsion Operations Research) nel cui ambito l’azienda ESAero è stata selezionata per modificare il velivolo. Utilizzando i risultati di un altro progetto NASA iniziato nel 2014 denominato Leading Edge Asynchronous Propeller Technology (LEAPTech), è stata realizzata un’ala sperimentale con una serie di 14 motori elettrici in essa integrati e chiamata Hybrid-Electric Integrated Systems Testbed (HEIST).
Sempre nell’ambito del NAH sono stati ipotizzati altri studi quali lo STARC-ABL (Single-aisle Turboelectric Aircraft with an aft [at the rear of the aircraft] boundary-layer propulsor) con motori elettrici collegati ai turbofan sulle ali ed un motore elettrico in coda.
Ma anche le grandi aziende come Airbus e Boeing sono fortemente interessate a tali tecnologie in vista dello sviluppo delle nuove famiglie di velivoli che andranno a sostituire rispettivamente A320 e 737 e per le quali sono richieste – anche dalle nuove regolamentazioni – basse emissioni. Airbus ha costruito il dimostratore ibrido-elettrico per un velivolo regionale denominato E-Fan X mentre Zunum (piccola impresa in cui ha investito Boeing) sta sviluppando un velivolo ibrido per 12 passeggeri.
La tendenza che si va profilando è quella di non stravolgere la classica configurazione del velivolo (ala-fusoliera), bensì di applicare in tutti i sistemi – partendo da quello propulsivo – una estesa “elettrificazione“. La NASA ha pianificato lo studio un motore elettrico della classe di 1 megawatt che – secondo l’industria – potrebbe equipaggiare un piccolo velivolo dell’aviazione regionale e potrebbe essere realizzato in tre anni dalla partenza del progetto.
Ma non ci sono solo i grandi players: la start-up californiana Wright Electric, per esempio, ha in studio diversi progetti che, nelle intenzioni di EasyJet (che la supporta), potrebbe portare alla realizzazione dopo il 2027 di un velivolo elettrico capace di trasportare sino a 180 passeggeri.
La strada per una propulsione ibrido-elettrica resta, comunque, tutta in salita ed occorreranno enormi sforzi per sviluppare motori con adeguata spinta/potenza con cui equipaggiare i grossi velivoli commerciali. Solo un massiccio intervento dell’industria potrà fornire spinta necessaria per il salto tecnologico.